Chi dei lettori ha una certa familiarità con Facebook e magari fa parte della foltissima schiera di followers di padre Vitangelo Denora S.I., Gestore del Leone XIII e presidente della Fondazione Gesuiti Educazione, si è accorto che da qualche settimana padre Vitangelo, che sta concludendo un periodo di formazione in Kenya, pubblica sulla propria pagina una serie di bellissime immagini che lo ritraggono circondato da nugoli di bambini africani sempre sorridenti e festosi. Sono le immagini che vedete lungo questo testo.
Chi sono questi bambini? Quali sono le loro storie? Perché sono così sorridenti e perché sono tutti intorno a padre Vitangelo? E che cosa ci vuole dire padre Vitangelo pubblicando queste fotografie?
Ci siamo posti queste domande e le abbiamo girate direttamente a lui, al nostro Gestore, che ci ha risposto con un lungo messaggio. Vi sintetizziamo la parte informativa, ma riportiamo fedelmente il testo in altri passaggi, che è stato trasmesso anche all’Istituto Sociale di Torino.
Padre Vitangelo sta vivendo l’ultima fase del Terz’anno, che è quella dell’esperimento apostolico. In questo tempo viene richiesto di immergersi nella vita della gente, specie quella più povera, provando a testimoniare la vicinanza e la cura del Signore. Si trova ad Ongata Rongai, presso le Evangelizing Sisters of Mary, una congregazione missionaria africana fondata nel 1975 in Uganda da due missionari comboniani italiani.
I gruppi missionari giovanili dei Gesuiti durante l’inverno svolgono qui i loro campi. L’esperienza nacque con la Giacomo Giacomo onlus, che è un’associazione costituita da una famiglia della CVX di Roma che perse il figlio Giacomo e volle dare amore ad altri bambini nel mondo.
Sono davvero tanti (più di 3000) i bambini presi in carico in qualche modo dalle suore e diversi di loro hanno anche il problema dell’AIDS… le foto sono soprattutto con questi bambini, ci dice padre Vitangelo.
Con loro le suore organizzano momenti ludici e di sostegno; questa assistenza è garantita attraverso uno staff di operatori motivati e preparati ed una vastissima rete di volontari africani, che si occupano delle varie famiglie degli slum, visitandole e visitando soprattutto i 3000 bambini.
...Siamo e lavoriamo all’incrocio di tre slum intorno a Nairobi (Kware, Gataka, Bangladesh…) e le suore hanno pian piano affiancato al lavoro con i bambini e con le famiglie più povere e vulnerabili la costruzione di due scuole (una scuola dell’infanzia ed un liceo), anche con l’aiuto di alcuni nostri amici italiani (appartenenti alla Giacomo Giacomo onlus e alla Lega Missionaria Studenti), che rappresentano un importante aiuto e segno di speranza per le nuove generazioni.
Mi colpisce tanto la grande energia e gioia dei bambini che pure vivono in contesti di povertà estrema (non hanno molto spesso un letto nella casa in cui abitano, dove molte volte entra l’acqua dal tetto o anche dalla strada in questa stagione delle piogge…. e non sempre hanno un pasto caldo per poter crescere in modo sano).
Io cerco di passare del tempo con loro, di dare qualche aiuto alle suore e al loro staff che è davvero molto bravo … e di giocare anche con i più piccoli (il mio compagno gesuita che sta facendo l’esperienza con me, Nik dalla Zambia, la chiama la “play-therapy”). Sono in realtà facilitato dal fatto di essere straniero e bianco (qui si dice musungu) e quando arrivo nello slum i bambini cominciano a gridare “musungu, musungu…” ed in pochi minuti me ne ritrovo attorno tanti, veramente tanti! Stringo loro la mano come sanno anche i nostri bambini italiani e diventiamo subito amici.
Quello che mi ha colpito molto è la solidarietà tra di loro: i più grandi si occupano dei più piccoli (li portano in braccio, li accompagnano mano nella mano a scuola, dopo aver giocato un poco con me, me li presentano perché possa giocare anche con il loro fratellino o la loro sorellina più piccoli).
Sono stupito del loro sorriso e della loro felicità nel divertirsi con poco (oltre la loro passione per la musica e la danza), e del coraggio, della forza, della fede di tutta questa gente nel vivere in situazioni spesso disumane.
Vi racconto un gesto: un bambino dello slum era riuscito ad avere un biscotto (bene prezioso in questo contesto) e dopo aver giocato con me, lo ha spezzato a metà e me ne ha dato una parte. Questo è un gesto che dice tanto: dai piccoli può nascere un mondo che impara a condividere, a guardare le cose diversamente, ad amare.
Questo mondo può nascere anche grazie al nostro impegno in educazione, proprio al generoso lavoro delle nostre scuole, che possono essere luoghi di fiducia, di speranza e di amore.
Grazie padre Vitangelo per aver risposto alle nostre domande!